Lo scopo sociale di un’organizzazione è realizzare un servizio od un prodotto utile per la comunità, ma anche produrre reddito per chi all’interno dell’azienda lavora e per chi dall’esterno con l’azienda in varie forme collabora. È tanto, ma è tutto qui?
La larga maggioranza delle persone trascorre buona parte della propria vita all’interno di organizzazioni, ed é perciò fondamentale che questa vita non vada sprecata, non siano svenduti energie e tempo personale in cambio di sopravvivenza e denaro. Rendere la realtà organizzativa una opportunità imperdibile di crescita personale e di autorealizzazione è prima di tutto un compito fortemente etico. A scapito anche dell’efficienza e dell’efficacia, e quindi della capacità competitiva dell’organizzazione? No, sarebbe un prezzo impossibile e non necessario.
La tesi fondamentale, qui riaffermata con forza, è che il benessere personale, non solo economico ma anche rispondente al bisogno inderogabile di utilizzare i propri talenti e sviluppare il proprio potenziale, sia la base stessa del successo aziendale. Un’organizzazione in grado di coinvolgere ed integrare nei propri processi, non in modo manipolatorio ma per scelta consapevole e convergenza di obiettivi, le persone che con essa lavorano e collaborano, ha a disposizione un capitale enorme di energia, intelligenza e creatività. Il successo dell’organizzazione coincide così con la crescita personale e l’autorealizzazione degli individui che la compongono.
L’organizzazione è un sistema complesso, ossia un sistema aperto, attraversato da un flusso incessante di energia, materiali ed informazioni, costituito da numerose componenti (anch’esse eventualmente complesse, come gli esseri umani nei sistemi sociali), che agiscono e retro-agiscono tra loro in multiple interazioni (struttura a rete), costituendo circuiti di feedback positivo (ossia trasformativo: il cambiamento tende a generare ulteriore cambiamento) e negativo (ossia autoconservativo: lo stesso cambiamento tende a riportare all’equilibrio il sistema).
Allorché il numero di componenti e di interconnessioni supera una soglia limite, dipendente dalle caratteristiche strutturali dell’insieme e delle sue componenti, i sistemi complessi manifestano sorprendenti capacità autorganizzanti in grado di consentire sopravvivenza e sviluppo nel proprio ambiente di vita. Essi sono cioè sistemi adattivi, in grado di modulare il proprio equilibrio fra stabilità e trasformazione, in modo tale da sintonizzarsi con, modificarsi e modificare un ambiente continuamente mutevole. Il mondo biologico, gli ecosistemi , le strutture sociali sono fondamentalmente sistemi complessi, benché gli ultimi non sempre si mostrino sufficientemente creativi ed adattivi per sopravvivere e prosperare.
Che cosa rende intelligente, ossia adattivo e creativo, un sistema umano, un piccolo gruppo ed un team di lavoro? La qualità e la quantità della comunicazione e della elaborazione dell’informazione, che deve essere frequente e multipolare fra tutte le sue componenti ed in tutte le sue parti, autentica ossia non falsata dalla paura e da un eccesso di competizione, e completa, ossia sia a livello cognitivo che emozionale. Se opportunamente connessi, gli elementi dell’organizzazione sono in grado di continuare ad autorganizzarsi, sommando le proprie intelligenze oltre la somma delle parti, di dare e ricevere vitalità al sistema, coniugando la crescita personale e collettiva al benessere dell’organizzazione. Motivazione, qualità, efficienza ed efficacia, autorealizzazione e successo aziendale sono i frutti maturi di tale connessione.
La leadership è la funzione dell’organizzazione che ne favorisce la sopravvivenza, la crescita e l’adattamento creativo nell’ambiente di riferimento. Un leader in grado di ottimizzare il funzionamento dell’organizzazione deve saper esprimere e realizzare i bisogni e gli obiettivi espliciti o latenti di autorealizzazione del gruppo di cui è rappresentante. La leadership è nella sua essenza lo strumento del gruppo al servizio del gruppo.
Quale leadership nell’era della complessità? Affinché il sistema manifesti pienamente la propria intelligenza, il leader deve non solo influenzare le scelte e le azioni del gruppo di appartenenza, ma anche permettere di esserne influenzato. Egli è il facilitatore del dialogo, colui che sostiene lo scambio generoso ed autentico tra i suoi collaboratori e come tale è lo strumento dell’intelligenza collettiva, dell’autorealizzazione e dell’autorganizzazione. Questa è la leadership dialogica.
Il leader non può fare da solo. Ha bisogno di persone valide con cui dialogare ed a cui delegare.
Deve dunque essere diretto strumento di crescita per i collaboratori e l’intero team. Se i fini sono l’autonomia e l’autorganizzazione, il sostegno del leader alla crescita avviene attraverso una relazione fondamentalmente sincera, paritaria e non valutativa, che sostiene la consapevolezza e la connessione, il confronto e l’integrazione fra le varie parti ed ai vari livelli del sistema, nell’individuo, nel gruppo e nell’organizzazione. In tal modo egli facilita il dispiegamento delle potenzialità, l’adattamento creativo dell’individuo nell’organizzazione e della organizzazione nell’ambiente. Questa è la leadership trasformativa. Questo è COACHING!
Franco Gnudi